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Nei simboli il mistero della fede
Sculture di Pasquale Galbusera nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola Assisi a cura di Vittorio Viola
29,5 x 29,5 cm 164 pagine 74 illustrazioni a colori
Sono trascorsi tre lunghi anni da “Il pittore che pianse davanti a Michelangelo”, la monografia di Livio Cazzaniga curata da Carlo Pirovano, ed ecco l’attuale pubblicazione, Nei simboli il mistero della fede, Sculture di Pasquale Galbusera nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola Assisi a cura di Vittorio Viola.
Il mio impegno in campo editoriale mi ha permesso di vivere momenti unici a contatto con vari maestri d’arte contemporanea e di acquisire quella sensibilità che l’arte sa comunicare. Questa volta mi sono occupato di scultura, una scultura specialissima che trova il suo punto di forza nel tipo di materia lavorato, il legno d’olivo. Il risultato ha portato alla realizzazione del volume, dedicato alle opere di Pasquale Galbusera, che verrà presentato ad Assisi il 15 novembre 2009 da mons. Crispino Valenziano (Docente emerito presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant' Anselmo, Roma e membro della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra).
Il volume tratta la storia del grande impegno assunto dal Maestro, Pasquale Galbusera, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. Una serie di grandi opere che costituiscono l’arredo liturgico della Cripta del Santo di Assisi e l’Albero Glorioso (scultura realizzata da un unico pezzo di albero d’olivo, che si trova di fronte all’altare maggiore di San Francesco). Opere realizzate per esaudire un desiderio dell’allora papa Giovanni Paolo II.
Editing: Paola Mignanego. Barzanò, Edizioni Riva, 30 ottobre 2008
www.pasqualegalbusera.it
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MINOLI
L'officina serigrafica
17 x 24 cm 164 pagine 140 illustrazioni a colori
Gli anni ottanta del novecento rappresentano per Paolo Minoli una stagione di grande dinamismo, contrassegnata da forte tensione euristica e sperimentale, che correttamente può essere considerata tappa decisiva per la definizione del suo linguaggio pienamente maturo ed autonomo. Secondo una metodologia che guidava da sempre i processi operativi e le ricerche che ne derivavano, la sua attività si snodava sulla direttrice binaria di una sottile speculazione concettuale (sui temi della luce, del rigore matematico, della musicalità e via dicendo) in parallelo ad una fattualità in qualche modo artigianale che funzionava da verifica concreta. Il laboratorio serigrafico che egli allestì allora rispondeva naturalmente ad un’esigenza di concretezza, ma contemporaneamente (come precisano i testi interpretativi di questa monografia) forniva i passaggi pratici di verifica per una poetica che si andava definendo in contesti storici precisi e consequenziali, attingendo contemporaneamente funzione di stimolo operativo, sperimentale. Il volume (predisposto per accompagnare le mostre divulgative) presenta in modo esaustivo le cartelle monografiche pubblicate da Minoli (con la riproduzione, dunque, di tutte le serigrafie allora elaborate) in collaborazione con le Serre Ratti di Como, aggiungendovi alla fine una suite personale di Paolo, allestita per Aras nel 1989; quasi sottoscrizione e sigillo di apprezzamento di un linguaggio esplorato con estrema raffinatezza. Per evocare l’aura perspicua di quell’impresa editoriale la documentazione illustrativa riproduce fedelmente i depliants a suo tempo predisposti da Minoli per la promozione e la divulgazione delle raccolte, sottolineandone la valenza filologica e la precisione documentaria, che sono indice di una dichiarata, inequivocabile motivazione critica. Lo studio interpretativo e documentario di questi materiali figurativi raffinati, oramai rari, impreziositi proprio dalla loro valenza storica, segna una tappa nella valorizzazione dei ricchissimi materiali affidati da Minoli alla Fondazione, offrendo nel contempo uno spiraglio efficace nell’interpretazione di una personalità artistica e insieme di un contesto culturale estremamente vivace e fecondo.
Carlo Pirovano. Cantù, Casaperlarte, ottobre 2008
www.uessearte.it/casaxarte.html
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BRUNO MUNARI
Ritratto di una collezione
17 x 24 cm 160 pagine 140 illustrazioni a colori
Sarebbe abbastanza semplice ed accattivante, e per certi versi rassicurante nell’ovvietà, interpretare la lunga collaborazione fra Munari e Minoli secondo lo schema di una specie di goethiana affinità elettiva che in qualche modo predisponeva la confluenza ineluttabile di consonanze ideali, estetiche e morali, felicemente convergenti secondo leggi naturali. Una pur semplice familiarità con i due protagonisti suggerisce all’opposto una chiave di lettura meno scontata e superficiale che deve fare i conti da un lato con l’ironica imprevedibilità sperimentale di Munari (per altro in una stagione – gli ultimi decenni del novecento – di laboriosa raccolta dei frutti di tutta una vita di provocazioni generose) dall’altro con la tormentata problematicità del più giovane maestro braidense, proiettato nei ricercati conflitti fra le esattezze scientifiche della cromatologia e le fughe misteriche nelle musicalità liriche: dove semmai la concretezza da formichina avveduta dell’antico funambolo marinettiano, alla fin fine disciplinato nel rigore del design, trovava consonanze rassicuranti nella naturale avvedutezza artigianale, concreta e fattiva, dell’amico canturino. I fecondi lustri di collaborazione fra Munari e Minoli sono marcati di fatto da tracce concrete di realizzazioni operative cui dava corso una sinergia apparentemente allegra e scanzonata, ma in realtà regolata da una sana terragna concretezza, d’antica matrice lombarda, sperimentata nell’economia della bottega e della famiglia; tempi e soldi in economia, controllati parametri di moralità. Naturalmente l’aspetto di più immediata emergenza fu quello della collaborazione fra i due “artisti” per l’edizione delle serigrafie a suo tempo divulgate sotto il titolo Negativo-Positivo e Colori nella curva di Peano, ove si mettevano a fuoco fra loro, nei processi progettuali e operativi concreti, quei meccanismi di immedesimazione quasi simbiotica che sarebbero stati ulteriormente collaudati nella realizzazione del progetto di scultura monumentale (Punto cardinale, altezza 640 cm) messa in opera a Cantù nel 1995; ove Munari non esitava a porre in mora il senso di provvisorietà e di leggerezza proprie delle forme elementari delle sue sculture da viaggio per reinventarsi una nuova dialettica spaziale di forte impatto ambientale che gioca sull’ambivalenza drammatica fra la struttura portante in cemento, chiusa e tetragona, e le modulazioni scenografiche delle quinte in acciaio corten che esplorano il vuoto. Mettendo a frutto le capacità organizzative maturate nella generosa esperienza civica quale promotore culturale e la spiccia fattività decisionale collaudata nel laboratorio di stampa serigrafica (occasione invero di una particolare sperimentazione critica sulle tracce di autori dalle poetiche condivise, soprattutto nelle linee dell’astrattismo, specie nella dialettica geometria-colore), Minoli organizzò quindi per l’amico una serie di mostre antologiche che in qualche modo sono la sintesi “firmata”, quasi autenticata, dell’esperienza munariana, a partire dalla rassegna del 1995 con gli Amici dei Musei a Cantù (Bruno Munari, inventore, artista, scrittore, designer, architetto, grafico gioca con i bambini) fino agli articolati omaggi di alcuni anni dopo al MAN di Nuoro e al Museo Bandera di Busto Arsizio. È fuor di dubbio che Minoli avesse precisa consapevolezza critica della totale anomalia del caso Munari nel sistema delle arti, dove il suo inesauribile approccio creativo generava sempre sconcerto, alimentato dal gusto dell’ironia, del divertissement; ma proprio la profonda diversità di carattere, di esperienze e di cultura lo guidava ad individuare per intuito le linee-forza dello sperimentalismo munariano, la sicurezza di un metodo, la capacità di inverare l’immaginario. Questa collezione di opere lasciate come preziosa eredità a Casaperlarte, che riflettono sia nella cronologia come nelle tipologie, tutta l’esperienza inventiva di Munari sono la testimonianza tangibile di una lunga consuetudine di lavoro e di amicizia profonda: Paolo Minoli vi affidava una particolare valenza testimoniale, la sottolineatura critica del senso di artisticità pura e semplice quale caratura ultima di un’esperienza poliedrica estremamente articolata e dialettica.
Khalid Islam - Carlo Pirovano. Cantù, Casaperlarte, settembre 2007
www.arte.go.it/eventi/2007/e_2102.htm
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MULATTIERI
I serramemti che arredano a cura di Luca Pessina
24 x 24 cm 32 pagine 80 immagini a colori
Come uno di noi
Il serramento, sul lago di Como, si chiama Mulattieri. Solido, ben assemblato, di pregevole fattura, adempie egregiamente alle funzioni di isolamento, ma soprattutto… quando trova la sede ideale, arreda: trasforma e si trasforma. Si adatta all’ambiente in cui lo collochi fino a stemperarsi in esso, fino a diventarne parte. Parte di una stanza, parte della casa, e talvolta elemento insostituibile della famiglia. Non sapresti rimpiazzarlo, perché niente sarebbe più come prima.
Due fra molti
Dal 1980 la famiglia Mulattieri è attiva nel settore della serramentistica. In principio sono Giulio e Angela. Giulio è un tecnico specializzato che opera in cantiere, conosce bene il mestiere, sa che la qualità deve emergere dai dettagli. Evidente come il risultato di una somma: 1 + 1 deve fare 2. Angela, sua moglie, è abituata a far combaciare concretezza e praticità, senza rinunciare a quella voglia un po’ romantica e tutta femminile di guardare oltre, al di là di ciò che vedi. “Ho imparato a soddisfare i desideri più grandi ascoltando le parole più sottili”, la senti ripetere. E con lo sguardo ridisegna i gesti rapidi del marito.
Diversi da tutti
Applica questi modi di pensare e di essere a un’idea nuova, non solo porte e finestre fatte per delimitare il dentro e il fuori, e ottieni la Legge secondo i Mulattieri. – Il caso non deve trovare spazio di manovra. L’esperienza pluriennale e la conoscenza tecnica, unite all’inventiva e al culto dell’originalità, sono indispensabili per ottenere i risultati migliori. Un prodotto di altissima qualità. – Ogni cosa ha la sua giusta collocazione. Basta saperla trovare. Un serramento va incastonato nel proprio ambiente come si fa con le pietre preziose nel metallo più nobile. – Qualunque forma è concepibile e soprattutto realizzabile. Con particolari calandre, appositamente studiate, uniche nel loro genere, è possibile lavorare legno e alluminio in modo estremamente originale. Senza più vincoli alla fantasia, senza più limiti alla diversità delle esigenze.
Alla testa del gruppo
Così comincia l’avventura del serramento Mulattieri. Arreda case, aziende, uffici, centri commerciali e strutture dedicate allo sport. Orna esterni e interni. Firma cucine, salotti, bagni, biblioteche, mansarde e perfino imbarcazioni. Dalla Valtellina alla Brianza, da Milano a Roma, da Varenna alla Svizzera, il serramento Mulattieri c’è. Quando un ambiente richiede un senso nuovo, il serramento più adatto ha un solo nome. Un viaggio lungo ventisette anni, fatto di corse, rincorse e pause sapienti: inseguire mille progetti, rimanere al passo con i tempi, ideare soluzioni innovative, aggiornare la tecnica e gli strumenti.
Sicuri fra gli altri
Nel tempo, la tradizione passa di padre in figlio: da Giulio a Carlo e Andrea. Identica la tenacia. In crescita la voglia e la capacità di sfidare il mercato. Oggi l’azienda Mulattieri si avvale di progettisti, architetti e specialisti del design pronti a vestire di realtà il tuo desiderio. Qui trovano soluzione le tue proposte; qui le idee si trasformano nei serramenti più belli: i serramenti che arredano.
Editing: Paola Mignanego. Colico, Edizioni Riva, 17 dicembre 2007
www.mulattieri.com
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La pittura, a ricordarsi
a cura di Claudio Cerritelli
17 x 24 cm 48 pagine 42 illustrazioni a colori
MISIA DE ANGELIS - ALESSANDRO FIESCHI - MARCO GRIMALDI - AYAKO NAKAMIYA - PIETRO PASQUALI - ROSSELLA RAPETTI - ELENA STRADA
«Nelle linee programmatiche di Casaperlarte già a partire dall’elaborazione preliminare, e poi via via nel corso della definizione operativa, il tema di un collegamento attivo con le nuove generazioni d’artisti si poneva quale impegno prioritario, ma senza condizionamenti accademici. Paolo Minoli percepiva la traslazione dagli “studi” alla definizione e istituzione di una professionalità individua come momento fondante di una personalità artistica, e dunque per sua natura necessitante di relazioni e di comunicazioni dialettiche. La fondazione da lui creata non può certo pretendere di interferire operativamente nella sperimentazione degli artisti che per gradi più o meno dilatati si cercano la propria via; ma certo può offrire un luogo di presentazione e di confronto meno occasionale o provvisorio. La serie di mostre che si inaugura con questa collettiva di sette pittori legati a Minoli da una consuetudine che andava già oltre il riferimento scolastico braidense vuole essere la prima tappa di un programma sistematico attraverso cui Casaperlarte intende illustrare e fiancheggiare l’arte “giovane” nella sua articolazione concreta, giorno dopo giorno; anche semplicemente come documento partecipe di ricerca.»
Così Khalid Islam e Carlo Pirovano, rispettivamente presidente e coordinatore generale di “CASAPERLARTE fondazione paolo minoli” introducono a questa mostra, che dopo la rassegna di inaugurazione della sede della Fondazione nello scorso mese di dicembre, apre in modo programmato l’attività espositiva.
www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp?idelemento=31039
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Monografia Livio Cazzaniga
Brianza, quasi un autoritratto di Carlo Pirovano
42 x 33 cm 164 pagine 140 immagini a colori
Si direbbe che la riservatezza quasi selvatica dell’uomo Cazzaniga, assolutamente impermeabile e refrattaria anche se ammantata di dolcezza e cortesia, abbia finito per funzionare da sottile provocazione, attirando su di lui e sulla sua opera attenzioni di elitaria eccellenza quali nessun accorto battage promozionale avrebbe mai potuto ottenere; più si teneva celato e defilato, ben mimetizzato dietro una ritrosia imperturbabile, più si acuivano curiosità e stupore e partecipazione calorosa. A ben guardare, per altro, i tracciati di questa invidiabile fortuna critica, tanto puntuale quanto rarefatta, si snodano preferibilmente su referenze e suggestioni che procedono da una garbata esplorazione della personalità, delle sue peculiarità caratteriali raccordandone quindi le connotazioni di riserbo e di (apparente) distacco emotivo e comunicativo all’aura di silente sospensione che colpisce immediatamente nei suoi quadri. Non è dunque casuale che le linee-guida di questa lettura interpretativa, singolarmente partecipe e motivata, siano state tracciate anzitutto da poeti e letterati (come documenta l’antologia che accompagna questa sinossi figurale) demandando in seconda battuta agli addetti ai lavori, garbatamente, e forse anche maliziosamente, la disamina specifica e puntuale delle componenti formali, pittoriche in senso stretto. Quasi a dire: vediamo come ve la cavate con questo riccio (!); che magari in fondo in fondo porcospino non lo è per niente, ma, ciononostante, non lascia dipanare con tutta ovvietà la matassa delle motivazioni stilistiche… Comunque la si metta, anche la restituzione critica del linguaggio pittorico in senso stretto deve giocoforza partire da alcune emergenze, solo apparentemente di superficie, che tutti gli esegeti di Cazzaniga hanno in vario modo evidenziate; prima fra tutte la continuità indefettibile della sua tematica, che si ripete fin quasi all’ossessione, cioè il paesaggio; ad essere più precisi e stringenti, il paesaggio di Brianza per la stragrande maggioranza dei suoi dipinti. A ben guardare, per altro, questa registrazione apparentemente ovvia dei pretesti contenutistici non serve granché a penetrare le motivazioni espressive, perché anche il più leggero o superficiale approfondimento dei processi di definizione e maturazione di questa poetica segnala immediatamente come il totale disinteresse alla resa riproduttiva del “taglio di natura” indirizzi l’interpretazione su sentieri ben remoti da un vedutismo analitico di tipo pseudoscientifico, quasi resa oggettiva fenomenica di verità oculari. Il processo di trasposizione dell’impressione retinica, infatti, va decisamente oltre l’emotività transeunte di un’esplorazione naturalistica e con ancor maggiore determinazione rigetta la superficialità di una descrittività di maniera, tra folclorica ed edonistica. Basta allineare idealmente anche una limitata selezione di “vedute” degli ultimi lustri per rendersi conto di come la regia determinante sia imposta non dalla suggestione diretta della percezione sensoriale, gradevole e accattivante quanto si vuole, bensì dalla struttura formante, attraverso la quale viene decodificato il dato di natura, già esplorato dall’occhio, ma poi passato attraverso altri filtri ad esso non riconducibili tout court, meccanicamente. Un’esegesi forse troppo elementare e scolastica, certamente schematica, indurrebbe a questo punto ad appellarci a una qualche formula di tipo idealistico per spiegare il processo astrattivo che chiaramente sottende all’opera matura di Cazzaniga, soprattutto nell’impostazione spaziale nitidamente strutturata secondo la quale si definisce la visione e nella particolarissima dialettica luce-colore di cui si sostanzia l’immagine. Una tentazione di chiarezza teorica, certo legittima ma che a ben vedere porterebbe forse a un eccesso di idealizzazione dell’opera, in contrasto con quella semplicità e spontaneità che definiscono con assoluta immediatezza il temperamento dell’uomo e conseguentemente dell’artista. Dunque, per intenderne le proposizioni figurali così intriganti, più che agli schemi concettuali sarà utile rifarsi alla personalità complessiva di questo artista double face, facitore di raffinate boiseries d’astratto nitore architettonico (quanto d’impeccabile precisione artigianale) e mistico sognante di una armonia uomo-natura (paradigma di certezze, teologiche e di conseguenza etiche) che si fonda non tanto su elucubrazioni speculative, a lui totalmente estranee, quanto piuttosto su un’eccezionale autoidentificazione con una realtà ad un tempo geografica e storica, conseguita per consentaneità di sentimenti e di memoria. In un certo senso – l’affermazione non appaia troppo provocatoria o paradossale – queste immagini si possono leggere come personificazioni, addirittura autoritratti traslati per la tensione emotiva che individua la natura – questa nostra specifica natura – come il risultato di una storia personale e collettiva ben specifica e identificabile, tutt’altro che estrinseca; con le responsabilità che ne derivano [...].
Carlo Pirovano. Barzanò, Edizioni Riva, dicembre 2005
www.barzano-online.it/portal/modules/monograf_livio/
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Calendario Astronomico
2009 anno internazionale dell'astronomia
È uno dei miei più lontani ricordi: avevo pochissimi anni, e un sabato sera dei primi anni ´60, quando si andava al bar a vedere la televisione, tornando a casa in braccio a mia madre alzai lo sguardo e vidi la luna brillante con la sua faccia un po’ triste e le sue macchie grigie. Forse da qui è partito tutto il mio interesse per il cielo; solo molto più avanti fu il tempo del telescopio e ancora dopo della macchina fotografica.
12 suggestive immagini fotografiche realizzate dal prof. Renato Peruffo per divulgare attraverso questo suo Calendario quello che lo vede realizzato nella sua più genuina passione… Questo piccolo gioiello editoriale lo si può ancora trovare nelle migliori librerie del Lecchese e nell'area Milano Nord.
© Copy: Renato Peruffo Designer: Egidio Riva
Allegato (clicca qui)
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Calendario Santuario di Bevera
Calendario realizzato per la ricorrenza del quarto centenario dell'apparizione della Madonna di Bevera Testi a cura di Italo Allegri
Formato 33 x 48 cm 32 pagine 44 illustrazioni a colori
Le radici non gelano mai, e al momento opportuno, fanno germogliare la pianta della memoria. Da quattro secoli, Bevera vive sotto la protezione della Madonna che volle manifestare la sua materna benevolenza, apparendo – secondo la tradizione – ad una giovane tentata da un male- intenzionato signorotto di Barzago il 7 settembre 1603. Ricordare quest’evento significa viaggiare nella memoria di chi ci ha preceduto e ci ha lasciato un tesoro di spiritualità di storia, d’arte, in cui la nostra comunità, che n’è erede, si riconosce ancora oggi. Il filo che unisce le generazioni, resti saldo, non si spezzi; rappresenta il più potente mezzo per la conservazione della tipicità locale e del senso d’appartenenza: sempre sotto la vigile protezione della Madonna: Questo calendario scandisce lo svolgimento delle celebrazioni e delle Manifestazioni culturali in onore della Madonna Di Bevera nella scia della Devozione nel suo decorrere per ben quattro secoli fino ad oggi.
Ambrogio Prete. Barzago, Santuario della Madonna di Bevera, giugno 2003
Designer: Egidio Riva
Allegato (clicca qui)
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Calendario RIVA 2002
Omaggio a sua eminenza reverendissima cardinal Carlo Maria Martini
Dio ha fatto dono all’umanità di un altro anno di vita. La sua Parola e le sue opere hanno comunicato la sua grandezzae la sua fantasia: uno splendore che si rinnova e una luceche riscalda il cuore. Le benedizioni dei tre giovani nella fornace esaltano Dio nelle sue creature: il canto si leva dalla terra e raggiunge il cielo, abitazione dell’Onnipotente. In questo calendario hanno lodato e benedetto il Signore: l’alba di un nuovo anno a Gennaio, l’aurora che annuncia la presenza di Dio anche nelle tenebre a Febbraio, la vita che si rianima a Marzo, la calda luce del sole di Pasqua ad Aprile, la luna che scandisce il tempo della Chiesa a Maggio, il mare simbolo della vastità della preghiera cristiana a Giugno, i monti che si perdono negli orizzonti lontani a Luglio, le nuvole che ricoprono la terra ad Agosto, le stelle chebrillano da sconfinate distanze a Settembre, la ragnatela segno di caducità a Ottobre, la brina su foglie e frutti a Novembre, le Pleiadi che sorgono luminose dal monte, in attesa di un cosmo trasformato, a Dicembre…
Testo e immagini: Renato Peruffo Progetto grafico: Egidio Riva e Erminio Saldarini
Allegato (clicca qui)
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